Esperienze di vita raccontate da un fisarmonicista d'altri tempi - Eusebio Ghiani

Alcune curiosità
Condivido con voi i racconti di mio padre relativi alle sue esperienze di allievo con maestri di fisarmonica d'altri tempi.
Buona lettura


PARTE PRIMA
Gonnosnò 1948
Ero piccolo e al mio paese, Pompu, c’era la festa e mio zio era il presidente del comitato.
Un giorno venne a pranzo da zio un uomo di Gonnosnò, un suonatore di fisarmonica.
Dopo aver mangiato lasciò la fisarmonica sopra il tavolo di casa ed uscì con mio zio.  Quando vidi la fisarmonica sopra il tavolo, io incuriosito, la toccai subito. Al rientro, il suonatore, si accorse che qualcuno aveva toccato la sua fisarmonica e mi disse: “Tui asi toccau su sonettu, piccioccheddu?” (Hai toccato tu la fisarmonica?) -  Sì sono stato io! -  risposi subito. Gli dissi che io suonavo su “sulittu”, un flautino di canna. Mi chiese se ne avevo uno a portata di mano per fargli sentire qualcosa, ne avevo proprio uno in tasca e gli feci sentire alcuni passaggi di ballo sardo (ballo tradizionale campidanese). Dopo avermi ascoltato disse che avevo le potenzialità per diventare un bravo suonatore e mi chiese se volessi imparare a suonare la fisarmonica, e io, incuriosito, accettai subito la sua proposta.

Non avendo la possibilità di acquistare una fisarmonica decisero così di vendere una pecora e un agnello, di proprietà di mio nonno. Una volta venduti i due capi di bestiame delegarono il suonatore di fisarmonica che trovò subito in vendita una fisarmonica a Zeppara, un paese vicino. Concluso l’acquisto della fisarmonica, partimmo con mio zio per andare a ritirarla.  Andammo a piedi con un piccolo carro, con pane, zucchero e caffè in quanto io, poi, per prendere le lezioni, dovevo stare a casa del suonatore. Era usanza, in quel periodo, per imparare l’arte di suonare la fisarmonica, soggiornare a casa del maestro per settimane o mesi. Solitamente la parcella della lezione veniva corrisposta in beni alimentari se l’allievo era un bambino, o con il lavoro manuale, caratterizzato da umili lavori in campagna o in casa, se si trattava di persone più adulte.

Il programma giornaliero di apprendimento era suddiviso in due lezioni, una la mattina e una la sera. Essendo un bambino di circa 11/12 anni trovavo il tempo sia di giocare che di suonare, alternando così le due attività. La famiglia che mi ospitava era molto gentile e premurosa ma mi mancava tanto la mia famiglia.

Il metodo d’insegnamento del mio primo maestro era strutturato in due fasi: la prima parte d’ascolto, durante la quale il maestro suonava la melodia principale e l’accompagnamento, separatamente, anche se spesso e volentieri eseguiva lo stesso esercizio a mani unite in modo da farmi sentire l’esercizio completo, e io avevo il compito di ascoltare e memorizzare; la seconda parte della lezione era di pratica strumentale, dovevo cercare di imitare con la fisarmonica quello che lui aveva appena suonato, si trattava di piccole melodie, “nodas” o “passaggi”,  e allo stesso tempo mi correggeva la diteggiatura per avere un’esecuzione più scorrevole del passaggio e un’impostazione corretta ed elegante della mano. Tutto ciò, naturalmente, da ricordare a memoria.

Dopo alcune settimane iniziai ad acquisire le nozioni per utilizzare le due mani in modo separato e durante questo periodo il mio maestro mi disse che si sarebbe assentato per lavoro per alcuni giorni, e mi lasciò il compito, durante la sua assenza, di provare ad unire la melodia principale con l’accompagnamento, quindi le due mani, cioè tastiera e bassi insieme, era un lavoro che dovevo svolgere esclusivamente da solo, mi disse più volte, prima di partire.

Posso dire che trovai un’enorme difficoltà ad equilibrare tastiera e bassi insieme, addirittura i primi due giorni mi misi a piangere perché non riuscivo.  La madre del mio maestro, essendo premurosa e gentile con me, mi rassicurava consigliandomi di insistere, in quanto, prima o poi ci sarei riuscito.  E così riprovai tante volte al giorno, finchè una mattina, dopo aver fatto colazione, riuscì ad unire le due mani eseguendo prima un passaggio (una "nodas"), e poi anche un altro, non ci potevo credere! Continuai a suonarlo tante volte, per tutto il giorno. La madre del maestro era contentissima, mi ricordo che lei, per aiutarmi, ballava per scandire anche il tempo, in modo da confermare che il lavoro che stavo facendo era coerente con il passo del ballo che stavo eseguendo.

Il maestro, al suo rientro, mi ascoltò subito dicendomi di aver fatto un bel lavoro e ricordandomi che, però, dovevo sempre continuare ad allenarmi.

Dopo altre settimane di studio a casa del maestro, mi disse che era arrivato il momento di rientrare a casa mia, nel mio paese, dove mi sarei dovuto esercitare costantemente per almeno due mesi per conto mio, prima di proseguire gli studi.

Così tornai a casa e continuai a studiare. Rimasi nel mio paese, Pompu, per circa tre mesi, allenandomi ogni giorno, dalla mattina alla sera. 


PARTE SECONDA
Trascorsi i tre mesi di studio a casa, riandai a Gonnosnò, dove il mio maestro, dopo aver ascoltato i miei progressi, mi insegnò un ballo campidanese chiamato “Fiorassiu”. Mi accorsi che il lavoro svolto a casa era stato produttivo perché adesso imparavo più velocemente e iniziavo ad articolare bene con le due mani.

Dopo alcuni giorni, il mio maestro mi mandò a svolgere delle   commissioni da un signore di sua conoscenza, sempre lì a Gonnosnò.  Questo signore, al corrente del fatto che io andavo a lezione di fisarmonica dal suo amico, mi chiese, curioso, di suonare davanti a lui. Lui possedeva una fisarmonica molto più grande della mia e me la diede in prestito per fargli sentire cosa stavo imparando. Mi ascoltò attentamente dicendomi che il mio percorso di apprendimento era buono e produttivo. Gli restituì la fisarmonica, lui imbracciò lo strumento e si mise a suonare. Non sapevo che lui era un suonatore. Mi ripropose la stessa melodia che avevo suonato poco prima, ma la sua esecuzione aveva un non so ché, e io, nell’ascoltarlo, rimasi sbalordito, notando anche la differenza di esecuzione che c’era tra lui e il mio maestro. Questo signore, di professione era un orologiaio, ma con mio grande stupore, era anche un grande suonatore, nonché il maestro di fisarmonica del mio maestro. Accortosi della mia reazione all’ascolto della sua esecuzione, mi propose, se avessi voluto, di andare a lezione da lui gratuitamente. Quando rientrai a casa dal mio maestro, dopo aver eseguito la commissione da lui richiesta, gli raccontai l’accaduto.

Il mio maestro acconsentii alla proposta di andare a lezione dal suo amico, ma alla condizione di andare a lezione da entrambi, e così mi appassionai al modo di suonare anche del nuovo maestro. Il suo modo di suonare era diverso, aveva una cadenza particolare alla mano sinistra, eccezionale, a parer mio.

Passarono altri tre mesi, in cui andai a lezione da entrambi i maestri, poi rientrai nuovamente a casa al mio paese.  

Aggiornato in data 28.12.2023


PARTE TERZA

Dopo aver trascorso diversi mesi di studio, accurato e intensivo, raggiunsi una discreta capacità di esecuzione dei balli.

Una mattina si presentò a casa nostra una donna del mio paese, mi disse che a breve si sarebbe sposata e che avrebbe voluto che io suonassi al suo matrimonio. Nonostante avessi appena 12 anni, fui felice di accettare il mio primo ingaggio come suonatore e il mio compenso venne corrisposto in grano.

Nello stesso periodo mia sorella maggiore vinse al totocalcio, una cifra importante in quel periodo, decise quindi di farmi un regalo e mi comprò una fisarmonica di qualità superiore rispetto a quella in mio possesso. Venne acquistata a Masullas da un suonatore anziano.

Un giorno arrivò nel mio paese un signore che proveniva da Morgongiori, un paese non distante dal mio, mi chiese di fargli sentire un ballo con la fisarmonica, e così suonai per lui.

Mi propose uno scambio, la mia vecchia fisarmonica, quella piccola, in cambio di una bicicletta. In realtà una bicicletta mi serviva. 

Prima di fare lo scambio feci controllare la bicicletta da un amico del mio paese al quale chiedevo spesso in prestito la sua, in questo modo ne avrei avuto una tutta mia. Accettai lo scambio. Lui si prese la fisarmonica e io la bicicletta.  Molto contento iniziai subito ad andare a Masullas a fare commissioni, mi misi le mollette nei pantaloni, per non sporcarli con il grasso della catena, e partii tutto contento.

Continuai ad andare a suonare nei dintorni, mi portava spesso e volentieri anche un amico di famiglia con la sua moto.

Andavo a suonare spesso a Mogoro, iniziavo ad avere delle buone amicizie e, anche se avevo solo 13 anni, chiesi a un signore del paese di assumermi per fare ruote per i carri, avevo già svolto lo stesso lavoro e  mi presero in prova.

In seguito, una signorina del paese, che mi aveva conosciuto mentre suonavo ad un matrimonio, mi propose di andare a lavorare con suo padre, a fare scanni, cioè sedie in legno artigianali. Accolsi subito la proposta del nuovo lavoro. L’artigiano che mi assunse era anche lui un suonatore e anche il figlio stava imparando a suonare.

Aggiornato in data 07.01.2024 



PARTE QUARTA 

In quel periodo un amico di famiglia mi propose di andare a lezione a Gonnostramatza da un altro maestro molto conosciuto e molto bravo. Risposi che la mia famiglia non aveva le possibilità economiche per mandarmi a lezione ma mi disse di non preoccuparmi e che se ne sarebbe occupato lui, e così fece.

Andai così la prima volta a lezione a Gonnostramatza, mi ricordo che c’erano quattro allievi prima di me, uno di Baressa, uno di Gonnoscodina, uno di Simala e uno di Villanovaforru. Finalmente arrivò il mio turno, il maestro mi chiese di fargli sentire un brano per capire cosa avevo imparato dal precedente maestro.    

Bravo!!! - mi disse - Ma da chi hai imparato?

Risposi con il nome del mio maestro.

Eh no! Mi dispiace – disse – qui c’è anche l’impronta di un altro maestro … “un’altra mano”!

Voleva dire che si sentiva che ero andato a lezione da qualcun altro, e lui se n’era accorto subito. E così gli dissi che ero andato a lezione anche dal maestro del mio maestro.

Iniziai le mie prime lezioni: lui mi faceva sentire i passaggi, o suonando o fischiando, e io li ripetevo subito. Rimase sbalordito da come riuscivo a memorizzare velocemente i passaggi e mi disse che, se avessi continuato a memorizzare così velocemente, in due giorni avrei imparato un ballo intero.

Andai diverse volte a lezione da lui. Avevo 13 anni e mezzo.

Ad un certo punto però, mi resi conto di non andare tanto avanti con l’apprendimento di nuovi balli e, scoraggiato, decisi di non andare più a lezione e continuai ad esercitarmi da solo e ad andare a suonare alle feste e ai matrimoni.

La gente quando mi incontrava, incuriosita, mi chiedeva come mai non stessi più andando a lezione.  Rispondevo che ero stanco di ripetere sempre gli stessi balli e non andare avanti con il programma.

Mi chiese informazioni anche l’amico di famiglia che mi aveva mandato a lezione dal maestro di Gonnostramatza e decise di andare a parlarci.   Proprio grazie a lui ripresi ad andare a lezione.

Il maestro mi chiese se era vero quello che stavo dicendo in giro. Risposi di sì, che in realtà in due mesi non avevo imparato niente di nuovo ed ero stanco della situazione. Nonostante ciò, iniziò nuovamente a farmi lezione. Ripresi subito e mi spiegò che doveva andare a trovare suo figlio fuori dalla Sardegna e che probabilmente si sarebbe trasferito lì, proprio per questo motivo le nuove lezioni erano più intense.  Le suonate erano impegnative, in poco tempo mi insegnò tutti i balli di sua conoscenza. 

In tre mesi mi trasformò in un vero suonatore anche se non dimenticai le suonate degli altri maestri.   

Aggiornato in data 04.02.2024


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